d. Bernardo Artusi csl – Certosa di Firenze
La liturgia di questa Domenica inaugura un nuovo anno liturgico, che sarà accompagnato particolarmente dalla lettura del Vangelo di Matteo. La liturgia coincide anche con l’inizio dell’Avvento e i testi tratteggiano le condizioni di un cammino battesimale. La nostra vita è un cammino di conoscenza, di approfondimento, di progressiva adesione a Cristo. Ci vengono incontro l’immagine del cammino, dell’incontro, del risveglio, della vigilanza attenta, dell’illuminazione, dell’essere rivestiti di luce. Quasi a condensare, con forza, il senso della nostra vita di fede e della nostra sequela.
“È ormai tempo di svegliarvi dal sonno” (Rm 13,11), ci esorta Paolo con urgenza. Se la nostra vita di battezzati è paragonabile a un risveglio, tanto che possiamo definirci come dei “vivi tornati dai morti” (Rm 6,13), perché siamo rinati in Cristo a una vita nuova, a una vita redenta, facciamo tutti continuamente esperienza del rischio di ricadere nel sonno della morte, dell’apatia, della disillusione. L’uomo “vecchio” può sempre riemergere per tentare di affermarsi e così renderci insensibili alla Vita dello Spirito in noi. Ecco che la liturgia, mentre le giornate si accorciano di giorno in giorno, ci invita a vegliare, a non cedere al sonno. A chiedere la grazia di avere un cuore ben sveglio, recettivo, desideroso di incontrare, di lasciarsi incontrare.
Si veglia nel desiderio, facendo spazio, tendendo l’orecchio, scrutando nel buio. Non si veglia solo in momenti privilegiati della nostra vita o della nostra giornata, ma sul filo del quotidiano, fra mille difficoltà, imprevisti, prove che si possono profilare per noi, attorno a noi, per i nostri contemporanei. Come ci insegna la tradizione monastica, si veglia a nome della Chiesa, a nome di tutti. Semplicemente, stando in attesa, e chiedendo il dono di avere il cuore ben orientato verso Cristo.
Così ci è dato di camminare, nella luce del Signore che ci illumina da dentro: luce che ci è data dalla Parola, dalla Chiesa, non ci trasmette qualche nozione astratta su Dio o sulla morale: no, è una luce che illumina salvando, perché ci mette in cammino verso la vera Luce, che promette di colmare le attese del nostro cuore, anche se è notte. Senza tale luce che risplende dentro, rimaniamo nel sonno dell’incoscienza e nel buio delle nostre supposizioni, delle nostre illusioni, delle nostre aspettative deluse. Una luce che ci invita a discernere, a scegliere verso dove muovere il prossimo passo, anche quando il cammino avanti si snoda tra molte incognite e non ci è dato vedere lontano.
Il salmo responsoriale ci invita: “Andiamo con gioia incontro al Signore”. Andiamo incontro al Signore risorto, Lui ci attende alla meta e tante volte lungo il percorso si lascia riconoscere. E ogni riconoscimento dà gioia, dà forza ai nostri passi. La nostra forza, la gioia, la luce vengono da Cristo, che ci chiama a camminare verso il Mistero del suo rinnovato incontro.
Un nuovo cammino, senza sapere come si snoderà il cammino. L’attesa può essere estenuante, per questo conta la qualità della nostra vigilanza: se attendiamo nell’angoscia della paura o piuttosto nella certezza del cuore che ricorda e ama. La paura blocca, paralizza, esaurisce le nostre energie, ed è sempre cattiva consigliera, finendo per renderci prigionieri del nostro io.
L’attesa nell’amore guarda a Dio, che sa. E la Chiesa ci raduna amorosamente in ascolto della Parola perché cresca con i suoi lettori; la Chiesa ci riunisce attorno al banchetto della Vita, perché, nutriti interiormente ricordiamo che l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori, anche se il nostro cuore spesso dimentica o tradisce. L’amore di Dio ci abita, anche se in modo oscuro, così da farci pellegrini, liberi cercatori, in attesa dell’incontro che salva. Ringraziamo per questo tempo che ci è donato per deciderci a vivere per Cristo, in Cristo, quali figli della luce.